domenica 26 ottobre 2014

Il Porto Vecchio di Trieste un luogo dove il tempo s'è fermato

Oggi è il 26 ottobre 2014. Esattamente 60 anni fa il Free Territory of Trieste (di fatto uno stato indipendente)in mano all'amministrazione degli americani, in quanto potenza vincitrice della Seconda Guerra Mondiale, veniva affidato allo stato italiano che avrebbe dovuto prenderlo in consegna fino a quando non sarebbe stata meglio definita la sovranità di quest'area che comprende la città di Trieste ed alcuni territori circostanti. Cosa che non avvenne mai.
Probabilmente, sulla posizione politica relativa al Territorio Libero di Trieste non si fece mai sufficientemente chiarezza a livello internazionale per non andare a modificare degli equilibri che si erano poi creati tra gli ex paesi belligeranti, di fatto si cercò d'accontentare più parti con una nuova revisione dei confini nel 1954 e far diluire nel tempo certi attriti che si erano creati tra le varie etnie presenti nell'area.
I sette anni che videro Trieste governata dagli americani e gli abitanti del TLT alle prese con le Am-lire, a detta di molti, furono un periodo piuttosto felice in cui ci fu un'immediata ripresa economica, parecchia spensieratezza ed un notevole incremento dell'emigrazione verso gli USA.
Più tardi, con la gestione del TLT da parte dell'Italia, le cose non andarono molto bene, poiché non ci fu molto interesse a sviluppare l'economia di queste luoghi, forse proprio a causa del suo Porto Franco.
E' bene chiarire una volta per tutte che il TLT continua ad essere un territorio a sé stante che non fa parte dell'Italia e di cui questo paese ha soltanto l'amministrazione provvisoria, non la sovranità. Questo fatto è facilmente comprensibile proprio osservando il regime fiscale speciale del porto franco di Trieste, consultabile anche sul sito dell'Autorità Portuale.
Il Porto Franco di Trieste , fondato dall’Imperatore Carlo VI nel 1719, si è sviluppato per merito della figlia Maria Teresa d’Austria, sino a divenire il Porto dell’Impero Austroungarico.
A seguito del Trattato di Parigi del 1947 e del Memorandum di Londra del 1954, il Porto Franco ha conservato le sue peculiarità ed i vantaggi dell’impianto normativo derivanti dal mantenimento della legislazione speciale sia doganale che fiscale.
Il Porto franco si compone di 5 Punti Franchi: Punto Franco Vecchio, Punto Franco Nuovo, Punto Franco Scalo Legnami, Punto Franco Oli Minerali e Punto Franco Industriale.
Di seguito, alcune informazioni sulle principali peculiarità e vantaggi dei punti Franchi del Porto di Trieste.
Equiparazione di tutte le Bandiere: tutte le navi che attraccano nel porto Franco sono equiparate a quelle di bandiera Italiana e beneficiano automaticamente del pagamento ridotto dei diritti marittimi Iva, dazi e diritti
Per le merci importate nella Comunità Europea, il pagamento di Iva e dazi può essere posticipato sino a 6 mesi, con l’applicazione di un tasso di interesse molto limitato e pari al 50% dell'Euribor a 6 mesi.
Le merci possono restare in deposito all'interno del Porto senza limiti di tempo e possono essere spedite verso destinazioni oltremare senza bisogno di dichiarazione doganale comunitaria. Il Porto di Trieste adotta il principio della libertà di transito e di accesso, oltre a quello della extraterritorialità doganale.
L'Italia non ha mai ben digerito questa imposizione del Porto Franco, non potendo togliere questo ordinamento fiscale voluto dalle potenze internazionali, ha sempre cercato di dirottare le merci destinate a Trieste ad altri porti, compreso quello di Gioia Tauro, pur di non dover rinunciare alle imposte incamerabili, in quei casi, direttamente da Roma.
Nel tentativo di boicottare il porto, Roma è arrivata perfino a progettare un rigassificatore da collocare all'interno del Golfo di Trieste che ovviamente otterrebbe il risultato di bloccare completamente l'attività commerciale marittima.
Questo è solo un esempio della malagestione italiana, il resto lo conosciamo un po' ovunque, non soltanto a Trieste. 
Non c'è quindi da stupirsi, se di recente è venuto ad organizzarsi un movimento di cittadini triestini che sta chiedendo che venga rispettata l'indipendenza del TLT e che cessino le ingerenze italiane negli affari interni a questi territori.
A seguito di un miglioramento dei rapporti tra Italia ed i vicini di frontiera ad Est, che negli anni non sono più gli jugoslavi, ma gli sloveni, il Buco Nero d'Europa, ovvero una delle pochissime zone al mondo oscurate da Google Map, il vecchio porto Austroungarico con i suoi circa 600.000 mq e più di una settantina di edifici monumentali è stato pian, piano smilitarizzato, al punto da non ostacolare più l'acceso ai podisti che amano recarsi qui a correre, ai curiosi come me che si sono introdotti a far fotografie e a chi transita da quest'area per altri motivi.
L'area però fa gola a molti speculatori edilizi che qui vorrebbero demolire tutto per costruire centri commerciali o altre strutture.

Testo e fotografie di Tony Graffio Tutti i diritti riservati

Veduta dell'edificio 7
View of the building n. 7
Super Speed Graphic with Wollensak Optar 127mm (Agfa APX 100 1/15 sec  f 16)

Ursus
Super Speed Graphic with Wollensak Optar 127mm (Agfa APX 100 1/30 sec  f 16)

The old Port of Trieste, a place where time has stopped
Today is October 26, 2014. Exactly 60 years ago the Free Territory of Trieste (in fact an independent state) passed by the American administration, as a victorious power of World War II, in the hands of the Italian state that was supposed to take over until it would have been a better defined sovereignty in this area, including the city of Trieste and some surrounding areas, but this never happened.
Probably, the political position on the Free Territory of Trieste was never defined to avoid to change the balance created between the ex belligerents. 
In 1954 there was a revision of the borders to try to please Italy and Jugoslavia and to prevent some friction that had developed between the various ethnic groups in the area.
During the 7 years of the american governement of the TLT, the inhabitants of this area were quite happy, they had their own currency, the Am-lira and they took advantage of an immediate economic recovery, a bit of light-heartedness and a significant increase of emigration to the US.
Later, with the management of the FTT by Italy, things did not go very well, because there was not much interest in developing the economy of these places, just because of its free port.
It's good to clarify once and for all that the FTT continues to be a territory of its own that is not part of Italy and that Italy has only the interim administration, not sovereignty. This fact is easily understood by observing the special tax regime of the free port of Trieste, also available on the website of the Port Authority.
The Free Port of Trieste, founded by Emperor Charles VI in 1719, has grown to about his daughter Maria Theresa of Austria, to become the Port of the Austro-Hungarian Empire.
Following the Treaty of Paris of 1947 and the London Memorandum of 1954, the Free Port has preserved its characteristics and advantages of the regulatory framework involved in the maintenance of the special legislation is customs tax.
The Free Zone has 5 points Franks: Punto Franco Vecchio, New Punto Franco, the Free Port timber terminal, the Free Port and Free Port Industrial Mineral Oils.
Below is some information on the main features and advantages of the points of the Franks Port of Trieste.
Assimilation of all Flags
All ships calling at the port Franco are equivalent to those of the Italian flag and automatically qualify for the reduced payment of VAT maritime rights, duties and rights
For goods imported into the European Union, the payment of taxes and duties may be delayed up to 6 months, with the application of a very low interest rate and 50% of the Euribor at 6 months.
The goods can be stored inside the port with no time limit and can be shipped to overseas destinations without the need for customs declaration Community. The Port of Trieste adopts the principle of freedom of transit and access, as well as that of extraterritoriality customs.
Italy has not digested well this imposition of the Free Port, unable to remove this tax system desired by the international powers, has always tried to divert goods to Trieste to other ports, including Gioia Tauro (1000 km away), because Italy could earn much money to bring to Rome using other ports.
In an effort to boycott the port of Trieste, Rome came even to design an LNG terminal to be placed in the Gulf of Trieste, which of course would get the result to block completely the maritime business.
This is just one example of italian mismanagement, the rest we know a little everywhere, not only in Trieste.
Do not be surprised, then, if recently some people from Trieste came to organize a movement of citizens who is asking for the respect of the independence of the Free Territory and Italian cease meddling in the internal affairs of these territories.
As a result of an improvement in relations between Italy and the nearby border to the east, over the years are no longer the Yugoslavs, but the Slovenes, the Black Hole of Europe, which is one of the few areas in the world darkened by Google Map, the old Austro-Hungarian port with about 600,000 square meters and more than seventy of monumental buildings has been slowly demilitarized, to the point of no longer prevented the access to runners who like to come here, or to the curious like me that entered in this place to make photographs, or those who pass through this area for any other reasons.
The area however is tempting to many speculators who want to demolish everything here to build shopping centers or other facilities. Tony Graffio










All the color pictures were made with Pentax K-01 and zoom 18-55mm


mercoledì 22 ottobre 2014

Un'occhiata al Mercatino di Castel San Giovanni

In quasi 25 anni di vita, al mercatino fotografico organizzato da Photo90 a Castel San Giovanni, graziosa cittadina a circa un quarto d'ora da Piacenza, è stato venduto praticamente di tutto.
E' vero che negli ultimi tempi, un po' per via del passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale, un po' per la crisi economica dilagante, un po' per il fatto che sono soprattutto coloro che hanno vissuto in prima persona la fotografia tradizionale a continuare ad essere appassionati dell'immagine argentica, le vendite vanno un po' a rilento; però questo non significa che qui non si continuino a trovare buone occasioni e pezzi rari.
Certo, a sentire i titolari dei banchetti, in un paio di giornate di mercatino, perché fino a non tante edizioni fa il mercatino era quasi una fiera, qui c'era da star tranquilli che l'incasso avrebbe dato parecchie soddisfazioni, mentre di questi tempi, se non si riesce a piazzare qualche pezzo pregiato, non ci si riesce neppure a rientrare dalle spese.
Molti espositori, specie coloro che arrivano dal Centro Italia, o dall'estero scelgono d'essere presenti a Castel San Giovanni, piuttosto che su altre piazze, perché questo mercatino è ancora molto conosciuto e ben frequentato.
Da un paio d'edizioni, le sale a disposizione dei venditori si sono ridotte da due ad una, cosa che può rendere difficile prenotare uno spazio per il proprio banchetto, a meno che non si sia degli abitué di queste zone.
Durante l'ultimo appuntamento del 14 settembre scorso, l'atmosfera generale non era più allegra come ai bei vecchi tempi ed è capitato che alcuni venditori, già nel primo pomeriggio abbiano deciso di smantellare tutta la loro mercanzia dai tavoli per caricarla sulle automobili e ripartire in direzione di casa.
Non si sa per quanto tempo si andrà avanti ancora, ma fino alla 50esima edizione, prevista per la primavera prossima, dovremmo riuscire ad ad arrivarci.
L'ingresso in sala era fissato a 4 euro, mentre il costo di un banchetto normale si aggirava intorno ai 90 euro, il cibo del bar non è il massimo, ma tanto nessuno va a questo mercatino per mangiare al bar, a meno che non si sia un espositore che non può muoversi molto, neppure per la pausa.
In zona invece, ci sono dei bei locali dove si possono assaporare le specialità della Val Tidone e dei taglieri di affettati piacentini da abbinare al Gutturnio, mentre tra i vini bianchi sono sicuramente da provare e da acquistare sul posto, talvolta anche nello stesso spazio dove si svolge il mercatino, l'Ortrugo ed il Malvasia.

Fotocamera briquet Echo 8

Essendo arrivato all'area indoor dello Sporting Club dove si svolgeva la manifestazione con un largo anticipo, ho potuto visionare i vari banchetti prima che arrivassero i visitatori, non così numerosi come ci si sarebbe aspettato.
Sono rimasto immediatamente colpito da un raro accendino-fotocamera Echo 8, prodotto dalla Suzuki Optical Company of Japan tra il 1951 ed il 1956, si tratta di uno dei migliori compagni delle spie di quell'epoca che conservava la funzione di accendisigari, in modo da sviare l'attenzione degli interlocutori dal vero scopo per il quale era stato concepito, anche se c'è da scommettere che all'epoca era un accessorio conosciuto e desiderato da ogni spia, al di qua ed al di là della cortina di ferro.
Per una questione di riservatezza non vi farò il nome del venditore, anche perché tutto sommato sarete più interessati a sapere che alle ore 9,20, appena 20 minuti dopo l'orario d'apertura questo splendido esemplare era già stato acquistato da un anonimo acquirente che ha sborsato soltanto 900 Euro per accapparrarsi questo gioiellino. Non c'era scatola originale, né altri accessori.
Sull'onda dell'entusiasmo per i prezzi, tutto sommato abbordabili, mi sono lasciato andare anch'io all'acquisto di una fotocamera da spie e sono diventato il felice proprietario di una Minox B per un prezzo talmente onesto che mi vergogno di comunicarvelo.

Fori stenopeici di precisione
Giancarlo D'Emilio shows a sheet full of special small plates laser perforated for pinhole photography

Qui, l'amico Giancarlo D'Emilio propone un foglio intero di piastrine d'acciaio perforate al laser e rifinite a mano, in modo da togliere le sbavature della perforazione e garantire la misura dei fori in 3 diverse dimensioni.
Non stiamo parlando di una proposta commerciale particolarmente economica (circa 20 euro a piastrina), ma l'appassionato di stenoscopia saprà ben valutarla, magari comprando l'intera gamma di misure, in modo da poter effettuare la migliore ripresa con la giusta apertura di "diaframma".
Molti fotografi preferiscono tuttavia auto-prodursi i propri "buchi" ricorrendo ai vecchi fogli di carta spagnola, in modo da avere un lavoro meno preciso e dei fotogrammi, forse più sbavati e pieni di flare, ma con un aspetto più personale.


Dorso digitale a scansione Dicomed
Dicomed digital back

Sempre dal fotografo pistoiese possiamo trovare un raro dorso a scansione, pre Betterlight, che può essere usato solo in abbinamento ad un vecchio Macintosh 9600/233 che viene venduto insieme al dorso, batterie, cavi scsi, monitor, borsa, adattatore per Mamiya Rz 67 e tutto l'occorrente per poter effettuare scatti di altissima qualità.
In Italia, furono acquistati dei dorsi simili da musei ed enti nazionali che volevano documentare i propri beni in maniera molto accurata ed una resa del colore impeccabile.
Si tratta di un accessorio introvabile ed allo stesso tempo difficile da vendere, in quanto il dover ricorrere all'uso di computer di vecchie generazioni che adottano sistemi di trasmissione dei dati obsoleti e vecchi sistemi operativi, pone pur sempre degli interrogativi cui non sempre è facile dare una risposta, se non nei fatti.
Questo sistema mi affascina molto, ma credo che le tecnologie informatiche, di per se stesse non riescano ad offrire una continuità d'utilizzo soddisfacente per chi è abituato a ragionare prendendo a modello i cicli di vita dei prodotti meccanici e ottici ante fotografia digitale. 

Carl Zeiss Telita

Due binocoli da non lasciarsi scappare: il Carl Zeiss Telita 6x18 degli anni 1920, in favolose condizioni di conservazione e l'ancora più raro ed apprezzato San Giorgio Mega 8,5X30 con una campo visivo particolarmente ampio rispetto ad altri binocoli con il medesimo rapporto d'ingrandimento. Entrambi sono rimasti invenduti. Tony Graffio


San Giorgio Mega 8,5X30

Se queste belle rarità vi hanno lasciato ancora voglia di scovare qualcosa di vintage, a buon prezzo, potete consolarvi con gli articoli in ottimo stato del Mercatino di Tony Graffio.

A look at the Castel San Giovanni Photographic Market
(Italian most important used market in this sector)

In almost 25 years of life, the photographic market organized by Photo90 in Castel San Giovanni, a charming town about a quarter of an hour from Piacenza, was sold practically everything.
It 's true that in recent times, a little because of the transition from analog to digital, a little to the deepening of the economic crisis, a bit because there isn't generational exchange enough to sobstitute the old silver image passionates with young people, the sales are a bit slow. However, this does not mean that here is not possible to find good deals and rare pieces.
Of course, to hear the owners of the tables, in a couple of market days, because until not so many editions ago the market was almost a fair, here it was easy to sell everything quiet well, while in these times, if you are unable to place any valuable piece, it could be difficult even manage to return from the fees.
Many exhibitors, especially those who come from Central Italy, or from abroad choose to be present in Castel San Giovanni, rather than in other places, because this market is still very popular and well attended.
Since a couple of editions, the rooms available to sellers have been reduced from two to one, which can make it difficult to reserve a space for your tables, unless you are an old goer of Castel San Giovanni.
During the last meeting of 14 September, the general atmosphere was not as merry as the good old days and it happened that some sellers already in the early afternoon they decided to dismantle all their merchandise from the tables to load it on cars and leave to go back home.
It is not known how long it will go on again, but until the 50th edition, scheduled for next spring, we should be able to get there.
The entrance to the hall was set at 4 euro, while the cost of a normal table was around 90 euro, the bar food is not the greatest, but so no one goes to this market to eat at the bar, unless it is a vendor that cannot move much, even for the break.
In the area instead, there are nice places where you can taste the specialties of the Val Tidone and platters of cold cuts from Piacenza to match Gutturnio, while white wines like Ortrugo and Malvasia are sure to try and buy on the spot, sometimes even in the same space where photographic market is held.

Having arrived to the indoor Sporting Club where the event took place well in advance, I was able to view the various tables of the expositors before the arrival of visitors, not so numerous as might have been expected.
I was immediately impressed by a rare lighter camera Echo-8, produced by Suzuki Optical Company of Japan between 1951 and 1956, it is one of the best companions of the spies of that era that retained the function of a cigarette lighter, so to divert attention from the real stakeholders of the purpose for which it was designed, though you can bet that at the time this was an accessory well known and desired by every spy, on this side and beyond the iron Curtain.
For reasons of confidentiality I will avoid to make you the name of the seller, because after all you will be more interested to know that at 9:20, just 20 minutes after the estimated time of opening this beautiful specimen had already been purchased by an anonymous buyer that has paid only 900 Euro for having in his hands this little gem. There was no original box or other accessories.
Moved by the enthusiasm for the affordable prices, I let myself go to purchase a spy camera too, so I have become the happy owner of a Minox B for a price so honest that I am ashamed to notify you.

Next year come and visit the 50th edition, it will be a good fun.

In the second image, my friend Giancarlo D'Emilio offers a full sheet of laser perforated steel plates finished by hand, so as to remove the burrs of drilling and guarantee the fit of the holes in 3 different sizes.
We're not talking about a business proposal particularly cheap (about 20 EUR per plate), but the pinhole enthusiast will know how to evaluate it, maybe buying the whole range of sizes, so you can make the best shot with the correct opening of "diaphragm. "
Many photographers hower prefer self-produced their "holes" by using the old sheets of Spanish paper, in order to have a less precise job, perhaps more smudged and full of flare, but with a more personal aspect.

In the third picture tere is something proposed by the photographer from Pistoia: a rare back, pre Betterlight, which can only be used in combination with an old Macintosh 9600/233 which is sold together with the scanning back, batteries, scsi cables, monitor, bag, adapter for Mamiya RZ 67 and everything you need to make shots of the highest quality.
In Italy, the Dicomed or Betterlight backs were purchased by museums and similar national entities who wanted to document their assets in a very accurate color rendition flawless.
These accessories are very difficult to find and at the same time they are also difficult to sell, as the need to resort to the use of computers of old-generation systems that take data transmission obsolete and older operating systems, still poses the questions which is not always easy give an answer, if not in fact.
This system fascinates me, but I believe that computers technology fails to provide a satisfactory continuity of use for those who are accustomed to reason in terms of life cycles of products that mechanical gears and optical accessory had at the pre-digital photography times.

In the last two pictures, two binoculars not to be missed: the Carl Zeiss 6x18 Telita of the 1920s, in a fabulous state of preservation and the even more rare and appreciated San Giorgio Mega 8,5X30 with a particularly wide field of view, compared to other binoculars with the same ratio of magnification. Both are unsold. Tony Graffio

Il salone dove si svolge il mercatino
The hall where there is the photographic market

lunedì 20 ottobre 2014

L'importanza della mutanda

Sembra proprio un paio di mutandoni
Just like a pair of pants

Ho elaborato digitalmente la fotografia di questa preziosa mutanda per arrivare ad una sintesi delle forme e capire meglio da dove arrivi questa definizione un po' familiare per quello che in sostanza è un sacco nero a tenuta di luce, dove infilare chassis, scatole di pellicola, eventuali nastri adesivi e, naturalmente, le mani.
La mutanda per la pellicola è sempre chiamata così, al singolare, proprio per distinguerla dalle mutande classiche che hanno tutta un'altra funzione, anch'essa molto importante, ma del tutto diversa a quella che a noi serve per scopi fotografici, oppure, ormai raramente, cinematografici.
La mutanda è fondamentale, specie se ci si trova in esterni, per cambiare la pellicole in un magazzino, oppure per caricare una pellicola in una tank per lo sviluppo; deve avere delle caratteristiche di robustezza e di sicura tenuta di luce, pertanto la mutanda deve essere fatta con materiali di qualità e cucita molto bene.
Non voglio stare a disquisire sul fatto se sia meglio andare a fare certe cose in camera oscura o su un prato, la mutanda è indispensabile, sempre e ovunque.
Oggi come oggi, si trovano prodotti industriali di plastica, quasi sicuramente Made in China, che svolgono discretamente il loro compito d'isolare dalla luce le pellicole durante il loro trasferimento da un tipo di scatola ad un altro, però non mi sento di promuovere queste changing bag a pieni voti, e proprio per questo, ho deciso di produrre a mano un numero limitato di  questi oggetti, utilizzando un ottimo fustagno nero di qualità.
Non so voi cosa ne pensiate, ma per me non è il massimo ravanare in un sacco nero d'estate, con il caldo, le mani sudate e tutto quello che toccate che diventa umido ed appiccicaticcio, perciò ho concepito questa mutanda classica in cotone traspirante al 100%, chiusura in velcro sovradimensionato e doppie maniche con elastici a tenuta.
C'è chi sostiene che la mutanda dovrebbe comunque avere una parte esterna di materiale a prova di pioggia, di colore chiaro, per proteggere il contenuto dall'acqua e dai raggi del sole; io credo che se i sacchi neri, come indica giustamente il loro nome, sono stati fatti per innumerevoli decenni di colore nero e di tessuto naturale, un valido motivo ci sarà.
Nulla comunque vieta, in caso di pioggia, o di sole di rifugiarsi all'interno di un'autovettura, o in un altro luogo riparato. Non accetto in risposta il solito esempio di dover cambiare una pellicola nel deserto del Sahara perché in quel caso ci pensa la sabbia a complicare la vita del fotografo/assistente cineoperatore.
Le dimensioni della mia mutanda sono sufficientemente generose da permettere di contenere chassis 8x10 o magazzini di cineprese Super 16mm, ma se avete delle richieste particolari, sarà mia cura provvedere a soddisfarle.

Se come me, siete anche voi devoti all'ortodossia fotografica e volete una "vera mutanda" degna di questo nome, contattatemi via email o su Skype e ve ne fornirò una, in cambio di qualcosa che sia di mio interesse. W il baratto. Tony Graffio

Aggiornamento del 21 ottobre 2015

La cubo-mutanda

Sempre restando in tema di camere oscure manuali, o d'emergenza, ho voluto aggiungere un'altra "camera oscura portatile" che fino a circa una decina d'anni fa veniva utilizzata per aprire i caricatori delle pelli cole 110 in sicurezza. All'interno del cubo c'è un accessorio che facilita questa funzione, ma la scatola può essere tranquillamente utilizzata anche per maneggiare altri tipi di pellicole nell'oscurità totale.

Si ringrazia Emma Canepari per aver messo a disposizione la sua changing bag cubica per la ripresa fotografica e la pubblicazione su questo blog. TG

The importance of the pant
I digitally processed the photograph of this precious pant to arrive at a synthesis of forms and better understand where this (italian) definition comes from. Essentially, we are speaking of a black bag in light-tight, where thread chassis, boxes of film, any adhesive tape, and of course our hands. 
Pant for the film is always so called (in italian language), in the singular, just to distinguish it from the classic pants that have a completely different function, which is also very important, but very different to the one that we need to photographic purposes, or now rarely, cinematographic purposes. 
The pant is crucial, especially if you are outdoors, to change the film in a chassis, or to load a film in a tank for development; must have the characteristics of robustness and secure light-tight, so the pant must be made with quality materials and sewn very well. 
I will not stand to quibble over whether it is better to go for certain things in the darkroom or on a lawn, the pant is essential, always and everywhere. 
Nowadays, there are industrial products made ​​of plastic, almost certainly Made in China, who perform their duties fairly to isolate light from the films during their transfer from one type of box to another, but I would not promote these changing bag with honors, and for this reason, I decided to produce by hand a limited number of these objects, using a good quality black moleskin. 
I do not know what do you think, but for me it is not the best rummage in a black bag in summer, with warm, sweaty hands and everything you touch becomes wet and sticky, so I designed this classic pant in 100% breathable cotton, oversized velcro closure and double sleeves with elastic seal. 
Some claim that the pant should still have an outside material rain-proof, light-colored, to protect the contents from water and the sun's rays; I believe that if the bags blacks, as rightly points to their name, have been made for many decades in black and natural fabric, there will be a valid reason. 
Nothing forbids, however, in case of rain, or sun to find a shelter inside a car, or in another repaired place. I do not agree in response to the usual example of having to change film in the Sahara desert because in that case it will be the sand to complicate the life of the photographer / assistant cameraman. 
The size of my pant is generous enough to allow the chassis to contain a 8x10 chassis or Super 16mm chassis, but if you have any special requests,will be sure I provide to meet those needs. 

If like me, you are also devoted to the orthodox photography and want a "real pant" worthy of the name, please contact me via email or Skype and I will supply one, in exchange for something that is of interest to me. Long life to the barters. Tony Graffio

domenica 19 ottobre 2014

Breve chiacchierata con Dick Arentz, Maestro della stampa al platino ed al palladio

La filosofia di Dick Arentz è molto semplice, anche perché lui non è un uomo di molte parole e riesce a riassumere ogni cosa in modo analitico e comprensibile a tutti.
<I photograph what I like.>
Con questo proposito, Dick viaggia parecchio e si reca a fotografare i paesaggi dei luoghi che lui ama, per realizzare dei libri fotografici da proporre agli editori che stimano il suo lavoro.
Nei giorni del Phototrace 2014, Dick si trovava a Verona per lavorare al suo nuovo progetto fotografico che s'intitolerà: The Veneto; essendo in buoni rapporti d'amicizia con un paio di fotografi che s'apprestavano a partecipare alla manifestazione fotografica Bresciana, Dick era stato invitato all'evento ed ha accettato di prendervi parte con entusiasmo.
Le origini della famiglia Arentz si trovano in Transivania, dove il padre di Dick nacque nel 1899 a Mediasch, una cittadina tedesca vicino ad Hermannstadt (Sibiu), un tempo nell'Impero Austro Ungarico, oggi in Romania. A soli 13 anni, Arentz senior emigrò negli USA per stabilirsi a Detroit, in Michigan, dove Dick nacque nel 1935.
Il padre lavorava come falegname alla costruzione di mobili di legno, ma era anche un fotoamatore.
Dick iniziò la sua carriera come medico, ma nel 1965 iniziò ad appassionarsi seriamente alla fotografia e dal 1970 al 1973 frequentò i corsi di questa disciplina alla Michigan University, sotto la direzione di Phil Davis.
Proseguì poi la sua preparazione leggendo tutti i libri di Edward Weston e studiando con Ansel Adams.
Nel 1980 iniziò a lavorare professionalmente come fotografo.
Tornò molte volte in California e rimase in contatto anche con Phil Davis, sia per approfondire il suo miglioramento al sistema zonale di Adams, sia per dedicarsi alla stampa al platino ed al palladio.
Nel 1982 venne per la prima volta in Italia per realizzare dei paesaggi insoliti e poi ritornò ancora in questo paese nel 1986.
Arentz è molto conosciuto in tutto il mondo per il suo libro intitolato: Platinum and Palladium printing, la Bibbia di ogni stampatore interessato alla pratica di questa antica tecnica che dal 1873 è rimasta del tutto invariata.
Nella nuova edizione, è stato inserito un nuovo capitolo per parlare della preparazione del negativo digitale.
Dopo essere stato riconosciuto come il maestro della stampa al platino e al palladio, nel 2005, Arentz conobbe la fotografa Lucia Gellard, che diventò la sua compagna, fino a quando lei si spegnerà a causa di un tumore ai polmoni nel 2011.
Lucia aveva origini italiane, così insieme tornarono altre 4 volte in Italia per progetti di lavoro.
Arentz, trascorre l'estate a Flagstaff in Arizona e, anche se fotografa in bianco e nero, ama molto l'autunno per i suoi colori. Infatti egli ha scelto questa stagione per trascorrere 5 settimane in Veneto.
Dick Arentz dice di non organizzare più mostre fotografiche perché questa attività è diventata per lui troppo faticosa. Per lo stesso motivo, già nel 2004 è passato alla fotografia digitale. Dice d'utilizzare una Leica M8, ma durante la nostra breve intervista aveva al collo una Sony Apha 7R con un adattatore per ottiche Leitz. Nei due giorni trascorsi insieme, gli ho sempre visto utilizzare solo un Summilux 35mm f 1,4.
Dick afferma che sia le tecniche digitali che quelle analogiche sono meravigliose, la pellicola però richiede l'utilizzo di fotocamerere molto ingombranti e pesanti, oltre ad essere più difficile da reperire ed ad avere qualche problema di velatura nel passare attraverso i controlli a raggi X degli aereoporti. Nonostante questi problemi ed il fatto che la pellicola sia diventata anche abbastanza costosa, Dick dice che se fosse più giovane continuerebbe ad usare questo tipo di supporto. Tony Graffio

Phototrace 2014 Brescia
Dick Arentz ama l'Italia anche per il buon cibo e la simpatia della gente
Dick Arentz loves Italy because of the good food and friendly people

Talking to the Master of the Platinum Palladium Techiques

Dick Arentz's philosophy is very simple, because he is not a man of many words and he manages to sum up everything in an analytical way understandable to all.
<I photograph what I like.>
With this in mind, Dick travels a lot and went to photograph the landscapes of the places that he loves to make photo books to propose to publishers who value his work.
Before the days of Phototrace 2014, Dick was in Verona for work on his new photographic project: The Veneto; being in good relations of friendship with a couple of italian photographers who partecipated at the photographic event of Brescia, Dick had been invited to Phototrace 2014 and he has agreed to take part at it with enthusiasm.
The origins of the Arentz family are found in Transivania, where his father was born in 1899 in Mediasch, a German town near Hermannstadt (Sibiu), a time in the Austro-Hungarian Empire, now in Romania. At age 13, Arentz senior emigrated to the USA to settle in Detroit, Michigan, where Dick was born in 1935.
His father worked as a carpenter in the construction of wooden furniture, but he was also an amateur photographer.
Dick began his career as a doctor, but in 1965 began to seriously passionate about photography and from 1970 to 1973 he attended courses in this discipline at the Michigan University, under the direction of Phil Davis.
Then, he continued his preparation by reading all the books of Edward Weston and studying with Ansel Adams.
In 1980 he began working professionally as a photographer.
He returned many times to California and stayed in touch with Phil Davis, both to deepen its improvement to the Adams' zonal systemsy and to devote himself to the platinum and palladium print.
In 1982, he was for the first time in Italy to achieve unusual landscapes and then he returned again in this country in 1986.
Arentz is very well known around the world for his book entitled: Platinum and Palladium printing, the Bible of every printer interested in the practice of this ancient technique which since 1873 has remained completely unchanged.
In the new edition, a new chapter has been added to discuss the preparation of the digital negative.
After being recognized as the master of platinum and palladium print, in 2005, Arentz met the photographer Lucia Gellard, who became her partner, until she turns off due to lung cancer in 2011.
Lucia had Italian origins, so together they returned 4 times in Italy for work projects.
Arentz, spends the summer in Flagstaff, Arizona, and while photographing in black and white, loves autumn for its colors. In fact, he has chosen this season to spend five weeks in Veneto.
Dick Arentz says he does not organize photographic exhibitions anymore because this activity has become too tiring for him. For the same reason, in 2004 he moved to digital photography. He says to use a Leica M8, but during our brief interview he had at his neck a Sony Apha 7R with a Leitz lens adapter. In the two days we spent together, I have always seen him only using a Summilux 35mm f 1.4.
Dick states that both, digital techniques and analog ones are wonderful, the film, however, requires the use of very bulky and heavy cameras, in addition film is more difficult to find and has some problems of haze in passing through the X-rays controls of the airports. Despite these problems and the fact that the film has also become quite costly, Dick says that if he was younger, he would continue to use this type of support. Tony Graffio


All rights reserved to Tony Graffio



sabato 18 ottobre 2014

Cosa cerca chi fa il collodio: il parere di Giuseppe Toffoli

Valentina - Ambrotipo di Giuseppe Toffoli - Ambrotype of Giuseppe Toffoli

Ho pensato di chiedere ai ricercatori che praticano le antiche tecniche fotografiche per quale motivo si dedicano a questa attività molto complessa e cosa li spinge ad affrontare problemi già affrontati in passato, ma difficili da risolvere, pur vivendo in un mondo come il nostro che sta andando in tutt'altra direzione. Durante le due giornate del Phototrace 2014 ho incontrato alcuni fotografi appassionati del collodio umido, ho iniziato così a fare qualche domanda a chi s'è impegnato durante la dimostrazione pratica avvenuta ai piedi del Tempio Capitolino di Brescia.
Giuseppe Toffoli nasce in Centro Cadore (Dolomiti Bellunesi), il 26 giugno 1972 e si trasferisce molto presto a Padova, città dove tutt'ora vive e lavora.
Com'era d'abitudine per molti cadorini, studia da ottico ed inizia una sua attività in questo settore, ma prima ancora, all'epoca delle scuole medie s'innamora della fotografia e pratica questa disciplina a metà strada tra la cultura umanistica e la scienza con dedizione, fino a ritrovrsi coinvolto nel voler ripercorrere il cammino delle tecniche antiche.
Giuseppe ci tiene a puntualizzare che la sua non è assolutamente un discorso estetico, ma una ricerca storico culturale, atta a rivivere le emozioni di chi ha vissuto il periodo pionieristico della fotografia, inventando tecniche difficili da praticare ai nostri giorni.
Giuseppe sceglie di riprendere fotografie con il collodio umido steso su lastre di vetro trasparente perché vuole ottenere dei negativi dai quali tirare delle stampe all'albumina.
La carta preparata con il chiaro dell'uovo era una stampa di qualità utilizzata dopo il 1850, mentre le carte salate erano carte economiche che esistevano fin dal 1833. Gli aristotipi invece erano un altra carta di qualità preparata con il cloruro d'argento disciolto in gelatina e richiede un negativo al collodio perfetto, dal quale si possono ottenere anche stampe al platino-palladio.
Sul suo percorso, Giuseppe incontra molte cose interessanti che sembrano un po' distrarlo dal suo fine, ma questo è ciò che può accadere quando ci sì incammina in una strada lunga e misteriosa.
La cosa strana, è proprio che la prima lastra al collodio umido vista in vita sua, da questo fotografo ultra ortodosso, era proprio quella prodotta da lui stesso. Toffoli ha iniziato questa tecnica senza aver visto alcun originale in precedenza, lui è arrivato a questo risultato solo attraverso le letture dei libri che parlavano di questa tecnica.
Il collodio è tuttavia un procedimento molto affascinante poiché è priva di grana e dà vita ad un'immagine esente da difetti, caratteristica che consente facilmente d'ottenere delle ottime stampe.
Toffoli ha iniziato a dedicarsi al collodio umido dal 2009 conseguendo già degli ottimi risultati, ma nonostante questo afferma che nel 1855 i fotografi erano molto più bravi di adesso ed è molto difficile trovare qualcuno, ai nostri giorni, capace di produrre un'immagini di una qualità comparabile a quelle delle fotografie antiche.
Questa è un'osservazione che mi sento di condividere pienamente, anche se non riesco bene a spiegarmela. Effettivamente, anche in altri campi in cui è richiesta una certa abilità manuale, come potrebbe essere la meccanica, la preparazione di alcuni prodotti artigianali o di materie prime da utilizzare per scopi artistici, mi ero già accorto che per quanto sia abile e disponga di strumenti migliori, l'uomo moderno non è in grado di riprodurre certi lavori come venivano eseguiti 100, 200 o 300 anni fa. Qui penso anche a certi maestri d'ascia che sapevano lavorare il legno a mano per produrre battelli di una bellezza ed una qualità impressionante, in tempi incredibili.
Toffoli non mercifica i suoi lavori, ha venduto raramente le sue fotografie antiche, solo a seguito di una precisa richiesta di chi è rimasto affascinato dalle sue stampe.
Il resto dei suoi lavori li regala a persone a cui piacciono i suoi soggetti. Tony Graffio

Giuseppe Toffoli

La fotocamera più  grande di Toffoli è una J. Lizars prodotta a Glasgow alla fine del 1800
Toffoli's biggest camera is a J. Lizars made in Glasgow at the end of the XIX century

Le dimensioni di una lastra 30x40 cm confrontate a quelle di un rullino 135
The dimensions of a 135 film compared to a 12X15 slab


Why to make a collodion plate: the opinion of Giuseppe Toffoli

I thought to ask to the researchers who practice the old photographic techniques why do they engage themselves in this very complex activity and what drives them to tackle difficult problems, while living in a world like ours that is going in the opposite direction. During the two days of Phototrace 2014, I met some photographers who love wet collodion, so I started to ask some questions to who has committed himself during the demonstration that took place at the foot of the Capitoline Temple of Brescia.
Giuseppe Toffoli was born in Centro Cadore (Belluno Dolomites), on June 26, 1972 and moves very early in Padua, the city where he still lives and works.
As was usual for many people from Cadore, he studied by optical and started his own business in this area, but before that, at the time of middle school Giuseppe falls in love with photography and practice this discipline halfway between the humanistic sciences and the technical sciences with dedication, until being involved in wanting to retrace the steps of the ancient techniques.
Toffoli explains that preparing wet collodion slabs for him has not an aesthetic meaning, but is part of a cultural and historical research, able to relive the emotions of those who lived through the pioneer period of photography, inventing techniques hard to practice to our days.
Giuseppe chooses to take photographs with the wet collodion laid out on sheets of transparent glass because he wants to get the negatives from which to pull Albumen prints.
This paper prepared with the clear part of the egg has a good quality printing and it was used after 1850, while the salted paper prints were cheaper and existed since 1833. Aristotypes were made on a silver chloride coated paper and require a perfect collodion negative, from which it is possible to obtain also platinum-palladium print. This is a high quality technique too.
On his journey, Giuseppe meets many fascinating things that seem distract him from his purpose, but this is what can happen when we walk on a long and mysterious way.
The strange thing, it is that the first wet collodion this ultra orthodox photographer view in his life, it was just the same plate that produced by himself. Toffoli started this technique without having seen any original plate earlier, he arrived at this result only through the reading of books about this technique.
The collodion process is, however very intriguing because it is devoid of grain and it creates an image free from defects which allows for easily to get prints.
Toffoli began to devote himself to the wet collodion since 2009 already getting good results, but nevertheless states that in 1855 the photographers were much better than now and it is very difficult to find someone in our day, capable of producing a picture of a quality comparable to those of the old photographs.
This is an observation that I would fully agree, although I can not quite explain it. Indeed, even in other fields that require some manual dexterity, as might be the mechanics, the preparation of some craft products or raw materials to be used for artistic purposes, I had already realized that no matter how skilled we are and how many precison tools we have, modern man is not able to reproduce certain works how they were carried out as 100, 200 or 300 years ago. Here, I also think to some shipwrights who knew how to work the wood by hand to produce vessels with a sumptuos beauty and an impressive quality, at times unbelievable.
Toffoli not commodify his work, he rarely sold his old photographs, only after a specific request of one who is fascinated by his prints.
Giuseppe uses to make presents of his work to people who likes his photographs. Tony Graffio

martedì 14 ottobre 2014

Sessione di riprese fotografiche al collodio umido presso il Capitolium di Brescia

La prima giornata del Phototrace 2014, sabato 4 ottobre, è stata ricca di appuntamenti importanti, teorici, culturali e pratici. Espongo in questa pagina un fotoracconto della dimostrazione effettuata sul campo da Giuseppe Toffoli di Padova, Davide Nesti di Firenze e Filippo Natali di Ferrara.

Wet Collodion Photo Session in Brescia
The first day of Phototrace 2014, Saturday, October 4, was full of important meetings, theoretical, cultural and practical. Here there are some pictures of the demonstration on the field carried out by Giuseppe Toffoli, Davide Nesti and Filippo Natali.

Il Tempio Capitolino in piazza del Foro a Brescia
The Capitoline Temple in the Forum square in Brescia

L'attrezzatura per per le riprese e lo sviluppo del collodio umido sono abbastanza ingombranti, l'organizzazione di Phototrace 2014 ha ottenuto i permessi per far arrivare il pullmino di Giuseppe Toffoli fino al cancello d'ingresso delle rovine romane.
The equipment for filming and development necessary for the wet collodion technique is quite bulky, the organization of Phototrace 2014 obtained permission to get Giuseppe Toffoli's van up at the entrance gate of the Roman ruins.

C'è materiale fotografico dappertutto.
Lots of things everywhere.

Fotocamera inglese anni 1860 per  lastre di vetro su cui stendere l'amalgama fotosensibile di collodio e nitrato d'argento.
Wododen English glass plates camera of the 1860s.

Si scarica il Bully del 1967 per prepararsi a montare le tende per le camere oscure portatili.
Preaparing to download the 1967 Bully to put up tents to portable darkrooms.

Toffoli ha riprodotto una tenda da viaggio del 1800 per il Collodio Umido
Toffoli has copied a 1800 tent trip for the Wet Collodion



Si va sotto il telo nero per mettere a fuoco
Focusing under the black cloth

Dopo aver lucidato la lastra di vetro, si procede con la pulitura.
After polishing the glass plate, Toffoli proceeds with the cleaning.

Si cambia obiettivo e inquadratura.
Replacing the lens and frame.

La bella Kodak D2 di Filippo Natali.
The beautiful Kodak D2 belongs to Filippo Natali.

Si prepara il collodio.
It prepares the collodion.

Davide Nesti lucida una lastra di medio formato
David Nesti polishes slab a small slab

ed effettua uno scatto al collodio con la sua Mamiya RZ 67 con il magazzino modificato.
and takes one shot to the collodion with his Mamiya RZ 67 with a modified chassis.

E' bastato togliere un pressapellicola e inserire una lastrina di vetro da 6X7 cm.
Davide asserisce che quasi tutte le fotocamere medio formato possono essere convertite abbastanza facilmente per accettare lastre di vetro.
It was enough to remove a pressure plate and insert a glass plate by 6X7 cm. 
David asserts that almost all medium format cameras can be converted fairly easily to accept plates of glass.

Toffoli è pronto e inserisce il suo primo chassis 12X15 (cm 30X40) nella sua J.Lizars.
Toffoli is ready and inserts its first 12X15 chassis in a Scottish camera made at the end of 1800.

Qualcosa è andato storto, un tappo di plastica di una bottiglia dei chimici è caduto sulla lastra togliendo parte dell'emulsione dal vetro.
Something went wrong, a plastic cap of a bottle of chemicals fell on the plate by removing part of the emulsion from the glass.

La Camera Oscura di Filippo è stata ricavata in una growing tent, ma si è scoperto che la tenuta di luce non è perfetta.
Filippo's Darkroom was obtained in a growing tent, but it was discovered that the light-tight is not perfect.

Filippo Natali

Giuseppe Toffoli ripete la stesura del collodio umido su un'altra lastra.
Giuseppe Toffoli repeats the drafting of the wet collodion on another plate.

Giuseppe termina la seconda esposizione.
Giuseppe ends the second exposure

Filippo non ha effettuato scatti, ma ha aiutato gli altri fotografi.
Filippo did not make shots, but has helped other photographers.

Lavorare in esterni in mezzo a tante persone non è semplicissimo, a volte capita di commettere un errore banale e si rovina una bella immagine.
Working outdoors among so many people is not easy, sometimes you make a simple mistake and will ruin a beautiful picture.

Dick Arentz si gode la giornata ed assiste alla fasi di preparazione, ripresa e sviluppo delle lastre.
Dick Arentz enjoys the day and attends to the preparation, shooting and development of the plates.

La seconda lastra è riuscita bene, forse non ha la densità desiderata, ma è comunque stampabile su carta baritata.
The second plate was good. Also if it may not have the desired density, it is printable on baryta paper.

La prima e la seconda lastra nelle bacinelle di lavaggio.
The first and the second plate in the washing basins.

I partecipanti del Phototrace 2014 sono molto contenti di ciò che hanno visto,c'è sempre molto da imparare da tutti.
The participants of Phototrace 2014 are very happy with what they have seen, there is still much to be learned by all.


Le colonne del Capitolium sulla lastra di Toffoli.
The columns of the Capitolium.

Fotografia di gruppo
The group of the partecipants