Valentina - Ambrotipo di Giuseppe Toffoli - Ambrotype of Giuseppe Toffoli
Ho pensato di chiedere ai
ricercatori che praticano le antiche tecniche fotografiche per quale
motivo si dedicano a questa attività molto complessa e cosa li
spinge ad affrontare problemi già affrontati in passato, ma
difficili da risolvere, pur vivendo in un mondo come il nostro che
sta andando in tutt'altra direzione. Durante le due giornate del
Phototrace 2014 ho incontrato alcuni fotografi appassionati del
collodio umido, ho iniziato così a fare qualche domanda a chi s'è
impegnato durante la dimostrazione pratica avvenuta ai piedi del
Tempio Capitolino di Brescia.
Giuseppe Toffoli nasce in
Centro Cadore (Dolomiti Bellunesi), il 26 giugno 1972 e si
trasferisce molto presto a Padova, città dove tutt'ora vive e
lavora.
Com'era d'abitudine per
molti cadorini, studia da ottico ed inizia una sua attività in
questo settore, ma prima ancora, all'epoca delle scuole medie
s'innamora della fotografia e pratica questa disciplina a metà
strada tra la cultura umanistica e la scienza con dedizione, fino a
ritrovrsi coinvolto nel voler ripercorrere il cammino delle tecniche
antiche.
Giuseppe ci tiene a
puntualizzare che la sua non è assolutamente un discorso estetico,
ma una ricerca storico culturale, atta a rivivere le emozioni di chi
ha vissuto il periodo pionieristico della fotografia, inventando
tecniche difficili da praticare ai nostri giorni.
Giuseppe sceglie di
riprendere fotografie con il collodio umido steso su lastre di vetro
trasparente perché vuole ottenere dei negativi dai quali tirare
delle stampe all'albumina.
La carta preparata con il chiaro dell'uovo era una stampa di qualità utilizzata dopo il 1850, mentre
le carte salate erano carte economiche che esistevano fin dal 1833.
Gli aristotipi invece erano un altra carta di qualità preparata con il cloruro d'argento disciolto in gelatina e richiede un negativo al collodio perfetto, dal
quale si possono ottenere anche stampe al platino-palladio.
Sul suo percorso,
Giuseppe incontra molte cose interessanti che sembrano un po'
distrarlo dal suo fine, ma questo è ciò che può accadere quando ci
sì incammina in una strada lunga e misteriosa.
La cosa strana, è
proprio che la prima lastra al collodio umido vista in vita sua, da
questo fotografo ultra ortodosso, era proprio quella prodotta da lui
stesso. Toffoli ha iniziato questa tecnica senza aver visto alcun
originale in precedenza, lui è arrivato a questo risultato solo
attraverso le letture dei libri che parlavano di questa tecnica.
Il collodio è tuttavia
un procedimento molto affascinante poiché è priva di grana e dà
vita ad un'immagine esente da difetti, caratteristica che consente
facilmente d'ottenere delle ottime stampe.
Toffoli ha iniziato a
dedicarsi al collodio umido dal 2009 conseguendo già degli ottimi
risultati, ma nonostante questo afferma che nel 1855 i fotografi
erano molto più bravi di adesso ed è molto difficile trovare
qualcuno, ai nostri giorni, capace di produrre un'immagini di una
qualità comparabile a quelle delle fotografie antiche.
Questa è un'osservazione
che mi sento di condividere pienamente, anche se non riesco bene a
spiegarmela. Effettivamente, anche in altri campi in cui è richiesta
una certa abilità manuale, come potrebbe essere la meccanica, la
preparazione di alcuni prodotti artigianali o di materie prime da
utilizzare per scopi artistici, mi ero già accorto che per quanto
sia abile e disponga di strumenti migliori, l'uomo moderno non è in
grado di riprodurre certi lavori come venivano eseguiti 100, 200 o
300 anni fa. Qui penso anche a certi maestri d'ascia che sapevano
lavorare il legno a mano per produrre battelli di una bellezza ed una
qualità impressionante, in tempi incredibili.
Toffoli non mercifica i
suoi lavori, ha venduto raramente le sue fotografie antiche, solo a
seguito di una precisa richiesta di chi è rimasto affascinato dalle
sue stampe.
Il resto dei suoi lavori
li regala a persone a cui piacciono i suoi soggetti. Tony Graffio
Giuseppe Toffoli
La fotocamera più grande di Toffoli è una J. Lizars prodotta a Glasgow alla fine del 1800
Toffoli's biggest camera is a J. Lizars made in Glasgow at the end of the XIX century
Le dimensioni di una lastra 30x40 cm confrontate a quelle di un rullino 135
The dimensions of a 135 film compared to a 12X15 slab
Why to make a collodion
plate: the opinion of Giuseppe Toffoli
I thought to ask to the
researchers who practice the old photographic techniques why do they
engage themselves in this very complex activity and what drives them
to tackle difficult problems, while living in a world like ours that
is going in the opposite direction. During the two days of Phototrace
2014, I met some photographers who love wet collodion, so I started
to ask some questions to who has committed himself during the
demonstration that took place at the foot of the Capitoline Temple
of Brescia.
Giuseppe Toffoli was born
in Centro Cadore (Belluno Dolomites), on June 26, 1972 and moves very
early in Padua, the city where he still lives and works.
As was usual for many
people from Cadore, he studied by optical and started his own
business in this area, but before that, at the time of middle school
Giuseppe falls in love with photography and practice this discipline
halfway between the humanistic sciences and the technical sciences
with dedication, until being involved in wanting to retrace the steps
of the ancient techniques.
Toffoli explains that
preparing wet collodion slabs for him has not an aesthetic meaning,
but is part of a cultural and historical research, able to relive the
emotions of those who lived through the pioneer period of
photography, inventing techniques hard to practice to our days.
Giuseppe chooses to take
photographs with the wet collodion laid out on sheets of transparent
glass because he wants to get the negatives from which to pull
Albumen prints.
This paper prepared with the clear part of the egg has a good quality printing and it was used after
1850, while the salted paper prints were cheaper and existed since
1833. Aristotypes were made on a silver chloride coated paper and require a perfect collodion negative, from which
it is possible to obtain also platinum-palladium print. This is a high quality technique too.
On his journey, Giuseppe
meets many fascinating things that seem distract him from his
purpose, but this is what can happen when we walk on a long and
mysterious way.
The strange thing, it is
that the first wet collodion this ultra orthodox photographer view in
his life, it was just the same plate that produced by himself.
Toffoli started this technique without having seen any original plate
earlier, he arrived at this result only through the reading of books
about this technique.
The collodion process is,
however very intriguing because it is devoid of grain and it creates
an image free from defects which allows for easily to get prints.
Toffoli began to devote
himself to the wet collodion since 2009 already getting good results,
but nevertheless states that in 1855 the photographers were much
better than now and it is very difficult to find someone in our day,
capable of producing a picture of a quality comparable to those of
the old photographs.
This is an observation
that I would fully agree, although I can not quite explain it.
Indeed, even in other fields that require some manual dexterity, as
might be the mechanics, the preparation of some craft products or raw
materials to be used for artistic purposes, I had already realized
that no matter how skilled we are and how many precison tools we
have, modern man is not able to reproduce certain works how they were
carried out as 100, 200 or 300 years ago. Here, I also think to some
shipwrights who knew how to work the wood by hand to produce vessels
with a sumptuos beauty and an impressive quality, at times
unbelievable.
Toffoli not commodify his
work, he rarely sold his old photographs, only after a specific
request of one who is fascinated by his prints.
Giuseppe uses to make presents of his work to people who likes his photographs. Tony Graffio
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