martedì 17 febbraio 2015

Un fotografo di provincia mi parla del suo lavoro e della zincografia

Franco Franzini con una sua fotografia che ritrae una schermitrice

Ho conosciuto un fotografo di provincia che ha lavorato per un lunghissimo periodo della sua vita per un quotidiano locale e anche per riviste mensili ed altri ambiti che richiedevano la sua esperienza e l'utilizzo della fotografia, come veniva intesa nel periodo in cui il fotografo era riconosciuto come un abile creativo che agiva sia sul campo che in studio, adoperando il proprio gusto e conoscenze tecniche non comuni.
Ascoltando direttamente da Franco Franzini in cosa consisteva il suo lavoro ci si rende conto dei grandi cambiamenti della nostra società, delle esigenze del committente e della velocità con la quale si riuscivano a fare le cose in passato, grazie al contributo di varie figure professionali che ora sono completamente scomparse per lasciare spazio a poche persone che gestiscono la stampa a rotocalco di quotidiani e riviste.
Il processo produttivo per trasformare le fotografie in immagini da stampare su carta per mezzo di matrici a rilievo è molto cambiato negli ultimi 30 anni, da una tecnica fotomeccanica e chimica di tipo tipografico si è passati all'uso del computer per le tecniche digitali che poi vedono l'utilizzo di lastre di gomma, la flexografia.
Il sito stesso dove avveniva gran parte del lavoro fotografico, di preparazione della matrice e di stampa è oggi in condizioni di semiabbandono, è qui che ho incontrato Franco per capire come avvenissero le cose un tempo e subito m'è sembrato d'entrare in un mondo dimenticato che non interessa più nessuno, dove il nostro fotografo continua a muoversi come un unico essere sopravvissuto ad una epidemia che ha spazzato via tutti.
In un ambiente disordinato ed impolverato trovano ancora ricovero le attrezzature che servivano ad illuminare ed a riprendere i soggetti, qua e la montagne di negativi infilati in grandi sacchi, ma anche conservati con più cura.

Vecchie fotografie

In una stanza si trova un vecchio ingranditore Durst Laborator 3S con il piano basculante che serviva a stampare fino al formato di cm. 13X18 (5X7), ma anche a riprodurre le immagini di cui si volevano preparare le matrici di zinco per la stampa tipografica.

Il Laborator 3S

Moltissime fotografie qua e là raccontano le storie di una vita trascorsa a documentare gli avvenimenti che allietavano, divertivano o preoccupavano i concittadini di Franco.

La piena del grande fiume

Le tipiche barche del Po

In un salone più grande, su alcuni tubi d'alluminio, trova posto un fondale di carta che fa da sfondo ai personaggi ed agli oggetti ripresi in studio, è ancora presente un sistema d'illuminazione a luce diffusa, il bank aereo che negli anni 1970 era stata una grande innovazione, ma che ora utilizzano in pochi.

Una vecchia Fatif 13X18 è la fotocamera che Franco usa ancora oggi

In giro ci sono dei mobili, libri, grandi lastre di zinco, caratteri di piombo, stativi, vecchi corpi illuminanti ed altre cose. Non si riesce però ad accendere la luce perché i recenti temporali hanno probabilmente causato qualche corto circuito, pertanto restiamo per un po' in penombra; poi Franco traffica con dei cavi e riesce a ripristinare l'energia.

La camera oscura ed il Durst 609

In un'ultima stanza, un po' più piccola c'è un'altra camera oscura con un altro ingranditore Durst più piccolo: è un 609 che risale, come l'altro, intorno alla fine degli anni 1960, ogni tanto viene ancora usato per stampare i formati più piccoli, mentre il grande formato viene stampato a contatto.

Scarto negativo

Scarto positivo

Vengo a sapere che negli anni passati non c'era nemmeno bisogno della carta autopositiva, o delle Polaroid, se si voleva realizzare subito una stampa, ad una fiera, per esempio, o ad un altro evento pubblico in cui c'era la necessità di consegnare subito una stampa all'interessato, si fotografava il soggetto inserendo carta fotografica nello chassis, poi lo si sviluppava in bacinella e dopo averlo fissato, lavato e velocemente asciugato, lo si rifotografata con un'altro foglio di carta in modo da ottenere un positivo.
Riesco a farmi dare un foglio negativo da pubblicare sul blog, si tratta di uno scarto che aveva contaminato con gli acidi mentre operava questa dimostrazione lo scorso settembre a Castel San Giovanni, in mezzo a una gran folla che forse lo disturbava nel procedere con i suoi sviluppi.

Morin

Per la città, il fiume è fondamentale, Franco inizia a raccontarmi di tutta una serie d'episodi e di personaggi che non esistono più, ma che lui ha conosciuto e fotografato.
Un'altra sua passione era lo sport ed il pugilato in particolare.

Un momento di un combattimento di boxe fissato dalla fotocamera di F. F.

Mi fa vedere la fotografia che gli avevano fatto i suoi colleghi quando era andato in pensione e tante altre immagini che fanno parte della sua storia.
Resto un po' perplesso vedendo sacchi di plastica del tipo usati per buttare la spazzatura pieni di negativi e gli chiedo se me li può dare, ma lui dice che ne posso scegliere un solo spezzone. Nonostante sia già tutto materiale inservibile ed in pessime condizioni di conservazione, non se ne vuole privare, non si sa nemmeno se al quotidiano qualcuno si ricordi ancora che esista questo “archivio”.

Franco e alcuni vecchi negativi che ha pescato da un sacco della spazzatura

Ritengo che si tratti di scatti che non sono mai stati utilizzati e che probabilmente il giornale conservi solo quello che ha pubblicato, ma è una cosa che penso tra me e me, per giustificare a me stesso quello che vedo.
Da una parte resto perplesso, davanti a me c'è questo palazzo caduto nell'oblio ed uno spiazzo antistante che forse stanno solo attendendo d'essere venduti, ma dall'altra resto affascinato nel vedere quest'uomo che continua a mettere delle specie d'impalcature per puntellare un mondo che ormai gli è già crollato addosso, senza che lui potesse impedirlo.
Forse, in realtà, stiamo tutti vivendo un po' così di questi tempi nei quali non c'è dato di sapere quanto può durare l'ultima tecnologia, o perché non esistono più certezze su questo mondo e nemmeno di che cosa vivremo domani.
Finalmente, guardo Franco, lo riporto bruscamente nel tempo presente decidendomi a chiedergli quello che più mi interessa, per farmelo spiegare un po' più nel dettaglio.
Forse, lui è un po' deluso che io mi voglia far raccontare proprio uno dei passaggi del suo lavoro che probabilmente per lui non erano tra i più esaltanti.
Alla sua epoca, comprendo che si doveva lavorare tantissimo, di giorno si facevano i servizi fotografici, poi si sviluppavano le pellicole ed infine, di notte bisognava lavorare in tipografia per preparare le matrici delle lastre di zinco che poi sarebbero servite ad illustrare le pagine del giornale.
Per me si tratta di una lavorazione che non conoscevo e non ho mai visto, così cerco d'ascoltare con attenzione per capire se possa ancora essere di qualche utilità conoscere questa tecnica conosciuta come zincografia.

Un momento della vita lavorativa di Franco

<Per prima cosa bisogna riprodurre la fotografia che si è scelto utilizzando l'ingranditore, mettendo un reticolo tra la fotografia e la pellicola lith. L'obiettivo dell'ingranditore (riproduttore) riprende la fotografia, si mette il retino nel porta negativo e sopra la pellicola da esporre; si illumina il soggetto da riprodurre e si impressiona la pellicola lith, dopo si sviluppa la pellicola esposta nello sviluppo lith, si otterrà così un'immagine con un reticolo in mezzo di 25/40 linee/mm.
Una volta asciugata questa pellicola negativa, la si pone a contatto con una lastra di metallo sensibilizzata con una colla speciale, noi per esempio, usavamo la Freuendorfer una colla sensibile tedesca. Si distribuiva questa colla sulla lastra in modo uniforme per mezzo di una centrifuga e si faceva asciugare il tutto. Poi veniva trasferita la negativa sulla lastra di zinco proiettando l'immagine da stampare per mezzo di luci ad arco di carboni che emettevano una luce UV. Si impressiona lo smalto con la luce UV, dopo si prende questa lastra impressionata, si spoglia con l'acqua per cuocerla ad una temperatura di 300° circa, finché diventa marrone lo smalto, così che poi è pronta per l'incisione all'acido nitrico che è diluito 1:4 – 1:5.
Buttata sulla lastra crea degli alti e dei bassi, dove c'è lo smalto l'acido non incide, mentre l'acido inciderà dove è andato via lo smalto scavando un solco di una profondità che varia a secondo di quanto la si lascia in immersione nell'acido.
Poi la lastra viene tagliata e stampata.
Per stampare l'immagine la si monta su una pagina, la si inchiostra e per mezzo di un torchio si preme la carta sul cliché ed è così che esce la stampa sulla carta.
Io facevo il cliché per metterlo nella pagina del giornale.>

Pugilato Fotografia di F. F.

Questo è quello che mi ha detto Franco Franzini, un fotografo come ce ne sono stati tanti, un po' dappertutto in Italia e come tutti loro, un po' speciale.

Franco è nato il 15.4.1938, nel 1955 a 17 anni inizia a lavorare per la Libertà, giornale col quale collabora per circa 60 anni, poiché ancora oggi lui è considerato come una persona in grado di rendersi utile. Tony Graffio

English Text


Franco Franzini Photographer and Zincographer

I met a photographer from the province who worked for a very long period of his life for a local newspaper and also for monthly magazines and other areas that needed his experience and the use of photography. Time ago the photographer was recognized as a skilled creative acting in the field or in the studio, using his own taste and not common technical knowledge.
Listening directly from Franco Franzini about his work we realize the great changes of our society, the needs of the client and the speed with which you could do things in the past, thanks to the contribution of various professionals who now have completely disappeared to make room to a few people who run the rotogravure printing of newspapers and magazines.
The production process to transform photographs into images to be printed on paper by means of matrices relief has changed a lot over the last 30 years. From a technical-mechanical and chemical type typographic we moved to the use of computers to digital techniques which then see the use of rubber sheets, flexography.
The site where it was much of the photographic work of preparation of the matrix and the print is today in conditions of semi-abandonment, that is where I met Franco.
To have been here helped me to understand how things worked in a newspaper until 30 years ago. Now I seemed to enter into a forgotten world where our photographer continues to move as a single surviving to an epidemic that has swept away all.
In a messy and dusty shelter, I still find the equipment that served to illuminate and to record the subject. Here and there, I can see also mountains of negative stuffed into large bags, but also preserved more carefully.

In one room there is an old enlarger Durst Laborator 3S with a tilting plan that was used to print up to the format cm. 13X18 (5X7), but also to reproduce the images that you want to prepare arrays of zinc for letterpress printing.

Many photographs here and there tell the stories of a past life to document the events that entertained, amused or worried about the fellow citizens of Franco.

In a larger room, on some aluminum tubes, is placed a backdrop of paper that is the background to the characters and objects taken in the studio, there is still a lighting system with diffused light, the bank plane in years 1970 was a great innovation, but now a few photographers use such light system.

Around there are furniture, books, large sheets of zinc, lead characters, tripods, old light fixtures and other things. But you can not turn on the light because the recent storms have probably caused some short circuit, so we stay for a while in the twilight; then Franco toches some cables and can fix the energy black-out.

The last room is a bit smaller, here there is another darkroom with another smaller Durst enlarger, it is a 609 that goes back, like the other, around the end of 1960. Franco still uses occasionally it to print smaller sizes format, while the large format are printed in contact.

I hear that in the past photographers did not even have self positive paper, or Polaroid, if you wanted to create print immediately, at a trade show, for example, or at other public event where there was the need to immediately deliver a print to the person, the subject were photographed by inserting photo paper in the chassis, then it was developed in the basin and after fixed, washed and dried quickly, you have to take another picture with another sheet of paper to obtain a positive .
Franco gave me a negative sheet to publish on the blog, it's a discard that had contaminated with acids while operating this demonstration last September in Castel San Giovanni.

For the city, the river is crucial, Franco began to tell of a series of episodes and characters that do not exist anymore, but he has seen and photographed.
Another passion was sport and boxing in particular.

He shows me the photograph which had made his colleagues when he was retired and many other images that are part of its history.
I'm a bit surprised of seeing plastic bags of the type used to empty the garbage full of negative and ask him if I can take them, but he says that I can choose a single chunk. Although it looks all useless material and in poor storage conditions, he did not want to lose his photographs, you do not even know if in the newspaper someone still remembers that there is this "archive".

I think this is of shots that have never been used and that the newspaper probably keep only what he published, but it is something that I think to myself, to justify to myself what I see.
On one side I was perplexed to see this building fell into oblivion and a forecourt that maybe is just waiting to be sold, but on the other I am fascinated to see this man who continues to try to save a world that it has already collapsed on him, without he could do anything to stop the time.
Perhaps, in reality, we are all living a bit so i these days where there is no data to know how much can last the latest technology, or because there are no more certainties in this world, nor of what we will live tomorrow.
At his age, I understand that you had to work a lot, you did the day of photo shoots, then developed films and finally, at night you had to work in typography to prepare arrays of zinc plates that later would serve to illustrate the pages of newspaper.
For me it is a process that I did not know and I have never seen, so I try to listen carefully to see if it can still be useful to know the technique known as zincography.

This is what Franco remembers of that technique.

<First you need to reproduce the picture you chose using the enlarger, putting a mezzotint screen between photography and film lith. The goal of the enlarger (player) takes the photograph, you put the screen in the door and above the negative film to expose; lights to be reproduced and exposing the film lith, after developing the exposed film in development lith, so you will get an image with grid in the middle of 25/40 lines / mm.
When this negative film is dried, the negative is contacted with a metal plate coated with a special glue. We used the Freuendorfer, a sensitive German glue. This glue is distributed on the plate in a uniform manner by means of a centrifuge and later was drying.
Then it was transferred to the negative on zinc plate projecting the image to be printed by means of arc lights of carbon emitting UV light. It impresses the enamel with UV light, after you take this plate impressed. It is stripped with water.
The plate had to cook to a temperature of approximately 300 °, until it becomes brown enamel, so that it is then ready for etching by nitric acid which, usually diluted 1: 4 - 1: 5.
Thrown on the plate, this liquid creates ups and downs, where there is the acid does not affect the enamel, while the acid will affect where you went away the enamel digging a furrow to a depth that varies according to how much is left in immersion in acid.
Then the plate is cut and printed.
To print the image is mounted on the one page, it is inked by means of a press and press the paper onto the cliché and it is so coming out printing on the paper.
I did the cliché to put it on the page of the newspaper.>


Franco was born on April 15th 1938, in 1955 at age 17 he began working for La Libertà (Freedom), newspaper with he collaborates for about 60 years, since he is still considered as a person in a position to be helpful. Tony Graffio